Fra Tre e Quattrocento nell’Italia centro settentrionale si diffusero oggetti in osso, corno e legni intarsiati alla certosina: tra essi dei cofanetti ideati per celebrare unioni nuziali, i cui migliori esemplari si devono alla “Bottega degli Embriachi”. Questo particolare genere di manufatti si sviluppò nella Ferrara di Borso d’Este nella nuova forma del cofanetto istoriato in pastiglia, la cui produzione, documentata nel 1452, coinvolse artisti come il giovane Cosmè Tura e il miniatore Giorgio d’Alemagna.
Con la “pastiglia”, un impasto di gesso, colla e polvere di marmo, al quale si usava aggiungere essenze di muschio profumate («pastume de moscho» nelle antiche carte estensi), si ottenevano le figure e i decori, plasmati in negativo su matrici metalliche e montati sulla foglia d’oro. Questi scrigni, concepiti per contenere preziosi, ma anche lettere, rosari e accessori per la toeletta, vennero prodotti a Ferrara sino agli anni di Alfonso I d’Este (1505-34) da più “botteghe”: ne sono state individuate sette, che potrebbero tuttavia rappresentare più fasi di produzione di uno stesso laboratorio (ad esempio la “Bottega dei Temi morali e amorosi” potrebbe essere una nuova linea, di gusto più aggiornato, dell’originaria “Bottega dei Trionfi romani”). Le raffigurazioni ispirate alla storia romana e alla mitologia classica – exempla virtutis che stimolavano comportamenti nobili e ammirevoli – sono tra le più emblematiche espressioni della passione per l’antico che pervadeva le corti rinascimentali. Alle più illustri personalità di quella estense o di Mantova (dove Isabella d’Este coltivava il suo «insaciabile desiderio» di cose antiche, o di tale sapore) erano probabilmente destinate opere “uniche” come il cofanetto attribuito alla bottega di Andrea Mantegna.
Cofanetti e cassette rinascimentali di particolare pregio rientrarono presto nello “spazio” fisico e simbolico della Wunderkammer, quel tipo di collezione principesca, diffusosi nella Mitteleuropa già nel primo Cinquecento, così denominata perché formata da pezzi selezionati e raccolti con l’intento di meravigliare chi aveva la fortuna di ammirarli. Tendenzialmente tutto, ma proprio tutto, poteva trovarsi in una Wunderkammer: le arti figurative e gli strumenti scientifici, l’astrologia e la medicina, la zoologia e la botanica, la gemmologia e la metallurgia, le scienze esoteriche e l’alchimia. La passione del collezionismo, anche “onnivoro” e ossessivo, e l’incredibile quantità di creazioni raccolte da chi, spinto da un’urgenza di conoscenza totalizzante, ha tentato di riunire il mondo in una stanza, sono evocati in mostra dal lavoro dedicato alle “camere delle meraviglie” da Massimo Listri, fotografo d’interni e di architetture. Attraverso le sue immagini, sempre equilibrate e rigorose, incontriamo naturalia (rarità fornite dai tre regni della natura), artificialia (oggetti sapientemente artefatti) e mirabilia (cose insolite, curiose o più semplicemente mirabili) custoditi in “contenitori” straordinari, italiani ed europei, pubblici e privati: dal Mineralien-kabinett dell’abbazia benedettina di Seitenstetten alla Kunstkammer del Kunsthistorisches Museum di Vienna, dal cabinet d’histoire naturelle di Clément Lafaille a La Rochelle al Tesoro dei Granduchi di Palazzo Pitti, dal Museo dell’arte sanitaria in Santo Spirito in Sassia alla collezione degli antiquari parigini Kugel e a quella custodita sino a qualche tempo fa nella settecentesca Malplaquet House di Londra.
Mostra organizzata da
Fondazione Ferrara Arte e Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara
da un’idea di
Vittorio Sgarbi
a cura di
Pietro Di Natale
L’ingresso alla mostra è compreso nel biglietto di Escher
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