«A capo della moderna scuola di paesaggio sta Corot»: così Charles Baudelaire rende omaggio ad uno dei massimi protagonisti della pittura francese dell’Ottocento. Ammirato dai più autorevoli intellettuali del suo tempo, punto di riferimento per generazioni di artisti, a Jean-Baptiste Camille Corot si deve una rilettura della realtà naturale e della figura umana di grande intensità e originalità.
Questa mostra testimonia l’eccezionale statura del maestro francese, che seppe interpretare e trascendere le correnti artistiche dominanti nell’Ottocento – dal neoclassicismo, al romanticismo, al realismo – fino ad essere considerato un precursore dell’impressionismo.
Il sottotitolo della rassegna – natura, emozione, ricordo – riassume i motivi ispiratori dell’opera di Corot, che consacrò la sua arte alla natura, studiandola appassionatamente fino ad impadronirsi dei suoi più intimi segreti.
La formazione di Corot affonda le sue radici nella tradizione del paesaggio classico: studiò assiduamente l’arte del passato e ritrasse la natura dal vero, per acquisire la maestria necessaria a realizzare ambiziose composizioni di paesaggio storico. Egli non si sottrasse neppure alla consuetudine del viaggio di studio in Italia. La sequenza di bozzetti italiani che apre la mostra, rivela tuttavia, nella freschezza dei colori e nell’infallibile controllo dei toni, una modernità di concezione che stupì già i contemporanei.
Questi capolavori riflettono l’amore che legava Corot all’Italia, dove l’artista soggiornò dal 1825 al ’28, poi ancora nel ’34 e nel ’43, e che ricordò per tutta la vita nei suoi quadri.
La pratica della pittura en plein air unita allo studio dei paesaggisti del Seicento, da Nicolas Poussin a Jacob van Ruysdael, condussero il pittore a esiti di squisito realismo nei paesaggi dipinti nei territori di Francia lungo l’arco della sua carriera.
Il percorso espositivo ricostruisce un itinerario ideale attraverso i luoghi cari all’arte di Corot, a partire dalla foresta di Fontainebleau, dove l’artista amava recarsi per ritrarre angoli ancora allo “stato di natura”, in compagnia dei paesaggisti della scuola di Barbizon. Il campanile di Douai, autentica icona del raffinato naturalismo corottiano, sia nella composizione, sia nella tavolozza chiara e nella pennellata fluida, anticipa opere realizzate, di lì a poco, da Monet, Sisley e altri impressionisti.
I bozzetti dal vero costituivano un bagaglio di memoria visiva a cui l’artista attingeva per concepire, nella quiete del suo atelier, le grandi composizioni da Salon, le prestigiose esposizioni ufficiali parigine. In queste tele, inizialmente ispirate ai tradizionali temi della pittura di “paesaggio storico”, Corot introdusse, a partire dalla metà del secolo, motivi congeniali al suo mondo interiore profondamente poetico, come la danza e la raccolta. Le suggestioni offerte dalla natura erano assimilate, distillate e rielaborate per dare vita a celebrazioni della felicità – come nel capolavoro Mattino. La danza delle ninfe – o a liriche evocazioni di stati d’animo malinconici.
L’indole gioviale e generosa dell’artista si manifesta anche nella predilezione per i paesaggi abitati dalla presenza umana, che donava alla natura un’intonazione sentimentale. L’interesse per la figura alimentò una produzione pittorica autonoma, la cui intensità non sfuggì a Picasso. Da qui la magnifica galleria di ritratti, personaggi in costume e nudi selezionata per questa mostra, in cui spicca l’originalissima invenzione delle cosiddette “figure di fantasia”: modelli femminili abbigliati in costume, ritratti nello studio con lineamenti idealizzati, dall’indimenticabile fascino assorto.
La rassegna si chiude con una serie di dipinti sul tema del “ricordo”, che segnano il culmine della ricerca pittorica di Corot. I quadri di “ricordo” non descrivono la realtà specifica di un luogo, ne esprimono l’essenza e l’atmosfera emotiva: al lucido realismo del Carretto, ricordo di Marcoussis, fanno seguito evocazioni rarefatte dalle inconfondibili «brume argentate», come nella raffinata poesia di Ricordo di Mortefontaine o de La solitudine, ricordo di Le Vigen. In queste altissime creazioni, l’ispirazione lirica di Corot reinventa la natura e la figura umana, dando vita a «stati d’animo travestiti da forme naturali», per usare le parole di un suo moderno ammiratore, Wassily Kandinsky.
Mostra a cura di
Vincent Pomarède
Organizzata da
Ferrara Arte e Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid
Enti promotori
Comune di Ferrara
Provincia di Ferrara
Con il patrocinio di
Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Ferrara
Numero visitatori: 86.399
Tappa precedente
Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza, 7 giugno – 11 settembre 2005