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Miró: la terra

Ferrara, Palazzo dei Diamanti

17 febbraio – 25 maggio 2008

Joan Miró

Figlio di un orefice, Joan Miró y Ferrà nasce a Barcellona il 20 aprile del 1893 e, fin da giovanissimo, dimostra una particolare attitudine per le arti e per il disegno.
Per assecondare il padre, Miró si iscrive alla Scuola Commerciale di Barcellona senza abbandonare gli studi d’arte che conduce contemporaneamente. La profonda frustrazione per il lavoro da contabile che lo impegna dal 1910 è causa di un esaurimento nervoso. La malattia lo costringe, nel 1911, ad una lunga ma benefica convalescenza nella fattoria dei genitori a Mont-roig, in Catalogna, luogo da allora rimasto caro all’artista. È in quest’occasione che Miró matura la decisione di dedicarsi completamente alla pittura, riuscendo finalmente ad ottenere il permesso della famiglia; egli inizia quindi a frequentare la scuola d’arte di Francesc Galí. Le opere di questi primi anni sono fortemente ispirate alla pittura fauve e cubista conosciuta ad alcune importanti mostre che si tengono a Barcellona.
Nel 1918 debutta con la sua prima personale alla Galeria Dalmau di Barcellona, che ottiene però reazioni negative di critica e pubblico. Senza farsi scoraggiare, Miró prosegue la sua ricerca figurativa e le opere che realizza iniziano a svelare l’originale temperamento del giovane artista. Ciò è visibile nel gruppo di paesaggi eseguiti a Mont-roig nell’estate del 1918 caratterizzati da una particolare attenzione per la resa del dettaglio e con i quali il pittore svela la vita segreta della terra.
Dopo un primo soggiorno parigino, Miró si trasferisce nella capitale francese nel febbraio del 1921 inserendosi nella pulsante vita artistica della metropoli. A Parigi conosce artisti e intellettuali tra cui Picasso, Max Jacob, André Masson e Tristan Tzara e si aggiorna sulla pittura contemporanea: assimila la lezione impressionista e soprattutto quella cubista che ¬utilizza come punto di partenza per intraprendere una strada nuova e personale. Sono anni difficili dal punto di vista economico ma di grande arricchimento culturale. Risale a questo periodo la conoscenza di Ernest Hemingway, Ezra Pound, Henry Miller e Jacques Prévert.

Nelle opere che realizza tra il 1923 e il 1925 – anno del primo importante successo parigino alla Galerie Pierre – si assiste ad un mutamento di stile. Fondamentale è la frequentazione degli scrittori e degli artisti dell’ambiente surrealista, divenuta più assidua a partire dal 1924. «La scoperta del surrealismo ha conciso per me con una crisi della mia pittura, è stata la svolta decisiva che mi ha fatto abbandonare il realismo per l’immaginario.» Sono anni di intensa sperimentazione in cui Miró viaggia molto e lavora instancabilmente: nel 1926 si cimenta con il teatro progettando, assieme a Max Ernst, la scenografia e i costumi per il Romeo e Giulietta dei Balletti Russi di Diaghilev; lo stesso anno espone per la prima volta a New York alla International Exhibition of Modern Art organizzata da Marcel Duchamp; nel 1928 si reca in Belgio e Olanda dove rimane profondamente emozionato dalla pittura di Vermeer e dei maestri olandesi; nell’estate del 1929 inizia la serie di dei collage che esporrà l’anno seguente a Parigi presso la Galerie Pierre e con i quali inaugura un filone di ricerca che lo condurrà alla sperimentazione di materiali e tecniche diversi. Sempre nel 1929, in ottobre, a Palma di Maiorca sposa Pilar Juncosa con la quale va a vivere a Parigi.

Attorno al 1930 l’attenzione di Miró si indirizza verso altri mezzi espressivi come l’incisione, la scultura e l’assemblaggio. Esegue alcune litografie, le prime di una lunga serie, e si cimenta con il collage, l’assemblaggio e con le “costruzioni” realizzate con oggetti raccolti ovunque. La Valentine Gallery di New York organizza la sua prima personale negli Stati Uniti. Nel luglio di quell’anno nasce Maria Dolors, sua unica figlia.
Dal 1932 al 1936, fa ritorno a Barcellona, nella casa paterna. Espone a Praga, Berlino e a Parigi dove si trasferirà nuovamente allo scoppio della guerra civile spagnola. Conosce Wassily Kandinsky, del quale ammirava profondamente l’opera, e ne diviene amico.

Negli anni Quaranta realizza la celebre serie delle Costellazioni, alcune delle quali ispirano a Breton dei componimenti poetici. In questo periodo Miró torna a concentrarsi sulla creazione di oggetti polimorfici e polimaterici e i risultati formali raggiunti lo pongono come antesignano della giovane arte informale europea e americana. Dal 1944 si dedica nuovamente alla litografia e, con particolare entusiasmo, anche alla ceramica. Nel 1947 soggiorna a New York dove conosce tra gli altri Clement Greenberg, Peggy Guggenheim e Jackson Pollock. Il suo stile diviene più monumentale e realizza opere di grande formato: tra queste la decorazione dell’Università di Harvard, dove viene chiamato prima nel 1951 da Walter Gropius e poi ancora nel 1960, e il grande murale in ceramica realizzato per il Palazzo dell’Unesco di Parigi nel 1958. Dal 1956 trasferisce definitivamente il suo studio a Palma di Maiorca, in un atelier progettato appositamente per lui dall’architetto Josep Lluís Sert.

Dalla metà degli anni Cinquanta i più importanti musei del mondo dedicano numerose retrospettive dedicate alla sua opera. Nel 1961 viene pubblicata la sua prima monografia firmata da Jacques Dupin. Riceve molti riconoscimenti tra cui, nel 1968 a Harvard, la laurea honoris causa. Continua a lavorare con pazienza, energia ed entusiasmo fino all’ultimo, continuando a sperimentare, in ogni campo e direzione, tecniche, stili e materiali. Instancabilmente alla ricerca di nuovi traguardi espressivi afferma: «Non penso mai alle cose che ho fatto. Penso alle cose che sto facendo e che farò.»
Miró si spegne il 25 dicembre del 1983 a Palma di Maiorca all’età di novant’anni.