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Guido Harari. Incontri

50 anni di fotografie e racconti

Ferrara, Palazzo dei Diamanti

16 luglio – 1 ottobre 2023

/ Guido Harari. Biografia

 

Ispirato dai grandi fotografi di rock e jazz degli anni Cinquanta e Sessanta, Guido Harari si è affermato nei primi Settanta come fotografo e giornalista musicale. Nel tempo ha esplorato e approfondito anche il reportage, il ritratto istituzionale, la pubblicità e la moda, collaborando con le maggiori testate italiane ed internazionali.

Numerose le copertine di dischi firmate per artisti internazionali come Kate Bush, David Crosby, Bob Dylan, B.B. King, Ute Lemper, Paul McCartney, Michael Nyman, Lou Reed, Simple Minds e Frank Zappa, oltre ai lavori per Dire Straits, Duran Duran, Peter Gabriel, Pat Metheny, Santana e altri ancora.

In Italia ha collaborato soprattutto con Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, Angelo Branduardi, Vinicio Capossela, Paolo Conte, Pino Daniele, Fabrizio De André, Eugenio Finardi, Ligabue, Mia Martini, Gianna Nannini, PFM, Vasco Rossi, Zucchero e la Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Muti.

Ha realizzato diverse mostre personali, tra cui Wall Of Sound presentata al Rockheim Museum in Norvegia, alla Galleria nazionale dell’Umbria a Perugia, e al Museo nazionale Rossini di Pesaro.

È stato anche tra i curatori della grande mostra multimediale su Fabrizio De André, prodotta da Palazzo Ducale a Genova, e di Art Kane. Visionary per la Galleria civica di Modena e per Made in Cloister a Napoli.

Tra i suoi libri illustrati Fabrizio De André. E poi, il futuro (2001), The Beat Goes On (con Fernanda Pivano, 2004), Vasco! (2006), Fabrizio De André. Una goccia di splendore (2007), Fabrizio De André & PFM. Evaporati in una nuvola rock (con Franz Di Cioccio, 2008), Mia Martini. L’ultima occasione per vivere (con Menico Caroli, 2009), Gaber. L’illogica utopia (2010), Pier Paolo Pasolini. Bestemmia (2015), The Kate Inside (2016), Fabrizio De André. Sguardi randagi (2018).

Nel 2011 ha aperto ad Alba, dove risiede da diversi anni, una galleria fotografica (Wall Of Sound Gallery) e una casa editrice di cataloghi e volumi in tiratura limitata (Wall Of Sound Editions), interamente dedicate all’immaginario della musica.

www.guidoharari.com

www.wallofsoundgallery.com

/ Hanno detto di lui

 

Philip Glass: Non so proprio come faccia a creare queste fotografie. Conosco il 90% di questi artisti e non ne ho riconosciuto uno!

 

Lou Reed: Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido. So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento. Quello che Guido cattura nei suoi ritratti – nei miei e certamente in quelli di mia moglie Laurie (Anderson) – viene generalmente ignorato da altri fotografi. E poi questo genere di fotografie è possibile solo con una persona che ti è amica, non con un estraneo. Io considero Guido un amico, non un fotografo, e per questo motivo riesce a cogliere immagini come queste.

 

Laurie Anderson: Guido è diverso da qualunque altro fotografo. Non ama programmare una session fotografica, o magari sì, ma è sempre lì, presente, e “Ti dispiace se ti faccio un ritratto?”. È fantastico perché di solito rispondo: “Sì, mi dispiace. Vorrei, ma sono molto stanca”, e d’improvviso Guido salta da dietro l’angolo con un grande “Ah!”. Però Guido ha un suo certo modo di saltare fuori da dietro l’angolo, e così pensi: perché no, in fondo si tratterà di pochi secondi. 

La nostra è una collaborazione che si sviluppa sempre rapidamente, secondo modalità inattese. Nulla a che vedere con quelle photo session dove metti in mostra soltanto una certa parte, molto limitata, di te. La sua è davvero una fotografia da kamikaze, molto diversa da quella di un paparazzo. Perché si tratta di autentica collaborazione. Guido non vuole rubarti nulla, ma piuttosto provare ad andare oltre l’apparenza delle cose. Questo è un modo molto eccitante di affrontare la fotografia, che produce risultati sempre imprevedibili. 

 

Lindsay Kemp: Volete sapere il segreto del talento di Guido? Possiede la tecnica, il gusto e la pazienza per organizzare delle foto concettuali estremamente sofisticate e perfettamente studiate, in situazioni meticolosamente controllate. Guido contribuisce con la sua arte a quella degli artisti che ama fotografare, ma è anche un maestro nel catturare attimi fuggenti, sempre pronto a fare un passo indietro e rientrare nell’ombra, per cogliere l’effimero balenio di risate, di noia o di lacrime: l’umanità non in posa dall’altra parte della fama, la magia casuale delle cose semplici. 

 

David Crosby: Guarda i miei occhi. Il modo in cui mi hai fotografato ti risucchia proprio al centro dell’immagine. Mi piace davvero. Perché si capisce che non stavi solo scattando una fotografia: tu stavi guardando la persona. Occorre avere il senso di chi si sta fotografando. Gran parte dei fotografi si concentra sull’immagine, sulla composizione, sulla luce, e non si focalizza allo stesso modo sul soggetto. Ma se vuoi fissare un’immagine significativa, devi riconoscere l’esatto istante in cui la sua espressione mostra chi è davvero. 

 

Ute Lemper: Tutto iniziò con un servizio fotografico per l’edizione italiana di Max nel 1992. Ricordo che d’improvviso, quasi per caso, si trasformò in qualcosa di molto interessante. Dapprima pensai: “Ok, il solito servizio fotografico”, ma poi, senza che Guido ed io ci fossimo conosciuti prima, lui si dimostrò prima di tutto molto interessato alla mia persona e alla mai sensualità, lasciando spazio alla mia immaginazione. 

D’improvviso lo shooting si concentrò sul linguaggio del corpo con meravigliose pose sexy e sensuali. In quegli anni ero molto presa dallo “stile”, sempre ispirata dall’Art Nouveau e dall’Art Déco, dai lunghi e sinuosi movimenti della danza moderna di Martha Graham, e Guido mi ha assecondata. Amavo molto Sarah Bernhardt e le litografie Art Nouveau, con queste donne dalle dita lunghissime da strega, come fiori, con cui mi presi la testa identificandomi in Greta Garbo. Allora pensai: “Al diavolo! Andiamo fino in fondo e vediamo cosa ne esce”. 

Poi realizzai l’album Illusions, con canzoni di Edith Piaf e di Marlene Dietrich. Immediatamente per la copertina del disco proposi le foto di Guido alla mia casa discografica. E le presero! Non so quanto siano costate, ma le presero!

Mio Dio, che incredibile collezione di personaggi hai qui! Questo è il mio mondo, ma sai che c’è? Siamo vecchi! Questo non è il mondo di oggi, il mondo dei miei figli. Qui c’è il meglio, i gioielli della fine del secolo passato che hanno operato la transizione in questo nuovo secolo. Saranno loro le colonne della storia della musica. Tutto il resto scomparirà nell’insensatezza dell’etere radiofonico e della commercialità.