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Boldini nella Parigi degli Impressionisti

Ferrara, Palazzo dei Diamanti

20 settembre 2009 – 10 gennaio 2010

LA MOSTRA

Chi era il Boldini che si trasferì da Firenze a Parigi nel 1871? Come si sviluppò la sua personalità da quel momento al 1886, durante il periodo aureo della rivoluzione impressionista? Cosa rimase di quelle esperienze in seguito, quando Boldini divenne uno dei più celebri ritrattisti dell’alta società? Sono queste le domande principali alle quali vuole rispondere questa mostra.

A Parigi, tra il 1871 e il 1886, prima di divenire uno dei più contesi ritrattisti del bel mondo, Boldini si era distinto come artista poliedrico, capace di dare vita a opere di ogni tipo: dalle scene di genere alle vedute di città, dai paesaggi agli interni d’atelier, dai nudi ai ritratti. Tuttavia, in seguito, il successo come ritrattista fu tale da far dimenticare, almeno fino ad anni recenti, la sua attività precedente con la quale, al pari dei colleghi impressionisti, ma con uno stile diverso e personale, Boldini si impose come uno dei protagonisti della rappresentazione della vita moderna. A differenza delle rassegne precedenti, tutte antologiche, l’esposizione, organizzata da Ferrara Arte e dal Clark Art Institute di Williamstown e composta da una novantina di capolavori provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo, farà emergere tutta la complessità e il fascino della personalità boldiniana in quel quindicennio cruciale che condusse l’artista, dopo l’esperienza macchiaiola, alla piena maturazione, avvenuta negli anni Novanta, di quelle doti di ritrattista che da allora in avanti lo resero celebre nel mondo. 

Ad accogliere il visitatore della mostra è un prologo dedicato agli anni fiorentini, un’esperienza fondamentale per la formazione di Boldini che porta in sé premesse importanti per il futuro sviluppo della sua pittura. A Firenze l’artista si distingue come uno dei principali artefici della rivoluzione attuata in quegli anni nel genere del ritratto borghese, dando vita ad una rappresentazione del modello non più stagliato su uno sfondo neutro bensì all’interno di un ambiente, colto in attività quotidiane o in momenti di intimità, o circondato dagli oggetti che parlano della sua vita e del suo lavoro, come nel bellissimo Autoritratto mentre osserva un dipinto, proveniente dalla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. 

Nel 1871, appena giunto a Parigi, Boldini si dedica da subito alla realizzazione di quadri di genere allora molto richiesti dalla ricca borghesia europea e soprattutto americana; ai dipinti di questa fase sarà dedicata una significativa sezione della rassegna. Ispirandosi a maestri allora affermati e di successo come Meissonier e Fortuny, Boldini rinnova il cliché del quadro di genere come in Giorni tranquilli. Grazie ad uno stile elegante e ad una tecnica pittorica raffinata, Boldini viene considerato da subito come il più brillante interprete di quella pittura ricercata e l’erede indiscusso dei due capiscuola. Queste piccole e preziose tavolette ispirate talvolta ad un Settecento galante, talvolta a fantasie esotiche spagnoleggianti, o ancora a scene di vita contemporanea, lasciano intuire il gusto dell’artista per la rievocazione storica e, ad un tempo, l’interesse per la trascrizione del dato naturale e atmosferico. 

Accanto alla produzione di genere Boldini realizzò, a partire dalla metà degli anni Settanta, una serie di vedute di città che colpirono profondamente i contemporanei e con le quali diede una sua personale interpretazione della realtà della vita moderna. In queste opere l’artista registra la vita che scorre nelle piazze parigine o nelle vie della città dove passano veloci o sostano le carrozze e gli omnibus a cavalli. Sono dipinti di un “realismo” singolare in cui l’artista ferrarese dimostra di padroneggiare sia il piccolo che il grande formato, basando ogni sua creazione sullo studio attento, talvolta ostinato, “del vero”.

In questo periodo Boldini si concentra sui molteplici temi della vita moderna che si svolge non solo all’aperto. Fanno parte di queste ricerche anche gli studi dedicati all’universo femminile. In questi ritratti Boldini indaga talvolta quel mondo con grande sensibilità e con passionalità trattenuta, ritraendo donne in attività quotidiane o in momenti d’intimità, come nella Lettera mattutina.

Boldini non registrò soltanto la realtà urbana. Si spinse anche nelle campagne, lungo la Senna o sulla Manica, lavorando a vedute e paesaggi con figure che costituiscono la sua personale interpretazione della pittura en plein air. Tra gli esempi di questa produzione vi sono dipinti di notevole fascino come la Grande strada a Combes-la-Ville del Philadelphia Museum of Art, un’opera del 1873 contraddistinta da una straordinaria sensibilità per la luce e il dato atmosferico, qualità che imposero Boldini agli occhi della critica dell’epoca come uno tra i più «eminenti rappresentanti della pittura di paesaggio in Francia». 

Come Degas, anche Boldini fu attratto in questi anni dai teatri e dai caffè-concerto di Parigi. Appassionato melomane fin dagli anni della giovinezza, Boldini frequentò assiduamente gli ambienti della musica e del teatro anche per studiare i personaggi che li animavano e creare uno straordinario racconto della vita notturna parigina. Protagonisti dei dipinti dedicati a questo tema sono musicisti e direttori d’orchestra colti mentre esercitano la loro arte, platee di spettatori divenuti involontariamente interpreti della scena, ballerine ritratte nello sforzo ma anche nella grazia della loro performance, uomini e donne spiati mentre si intrattengono nei locali notturni o, ancora, cantanti ritratte nei caffè concerto o negli eleganti salotti musicali, come nel caso de La cantante mondana, quadro emblematico di questo momento della ricerca di Boldini, sia dal punto di vista del soggetto che nell’aspetto formale. 

Un’intera sezione della mostra sarà dedicata al tema tutto boldiniano delle vedute d’atelier. Riprendendo l’indagine iniziata a Firenze, quando l’atelier era uno dei fondali prediletti dei suoi ritratti, Boldini sviluppa un interesse preciso per questo soggetto attorno alla metà degli anni Ottanta. Da questo momento la sua attenzione si focalizza, sempre più prepotentemente, sugli oggetti della sua casa e del suo studio. Se inizialmente queste vedute costituiscono solo lo scenario nel quale l’artista ambienta le visite degli amici “amatori”, dei pittori o delle modelle, come nel bellissimo Donna in nero che guarda il “Pastello della signora Emiliana Concha de Ossa”, a poco a poco gli ambienti e gli oggetti in essi contenuti divengono i protagonisti stessi di questo universo “privato”. Il pittore disegna e dipinge mobili, strumenti di lavoro, suppellettili contraddistinti da un valore affettivo particolare, o ancora quadri a lui cari, custoditi gelosamente per anni nel suo atelier, creando, con grande originalità, una sorta di “diario per immagini” della sua vita e della sua opera. 

La mostra approfondisce, infine, l’evoluzione dello stile di Boldini nel genere del ritratto, dalle effigi ufficiali, a quelle che raffigurano amici e colleghi. Dopo l’esperienza fiorentina, Boldini torna a praticare il ritratto con rinnovato slancio attorno alla fine degli anni Settanta, decidendo infine di dedicarvisi completamente. Determinante in questo senso fu il legame con la contessa Gabrielle de Rasty che, divenuta sua amante e musa, lo introdusse nella cerchia di una nuova committenza altolocata. L’artista attinge a piene mani all’arte dei grandi maestri del passato studiati, oltre che a Parigi, durante i ripetuti soggiorni in Olanda, in Italia, in Inghilterra e in Spagna, e, facendo propri i loro insegnamenti, sperimenta una grande varietà di soluzioni compositive: da quelle improntate ad un classicismo riletto in chiave moderna, come nel ritratto equestre di Alice Regnault debitore nei confronti di Renoir, ad altre dai tratti più audaci, come il celebre ritratto a pastello di Verdi, «terribilmente vivente» come esclamarono i critici del tempo. Nel ritratto Boldini si misura direttamente prima con mostri sacri come Manet, con il quale condivide committenza ed amicizie, e successivamente con Sargent e Whistler, quando si afferma come uno dei più contesi pittori dell’alta società europea e americana.

Sono proprio le opere di questa fase, in particolare alcuni tra i più celebri ritratti realizzati negli anni Novanta, a comporre l’epilogo della mostra. Le sue grandi effigi furono notate per l’originalità compositiva, la sensualità, per il dinamismo delle linee e la sapienza tecnica, doti che, unite ad un’acuta capacità di introspezione psicologica, permettono a Boldini di imporsi come indiscusso innovatore di questo antico genere pittorico. Fra le composizioni più celebri di questi anni vi sono quella di James Whistler del Brooklyn Museum, o alcuni tra i suoi più affascinanti ritratti femminili, come quelli di Lady Colin Campbell della National Portrait Gallery di Londra, di Madame Max del Musée d’Orsay e di Cléo de Mérode, capolavori assoluti con cui Boldini definì l’ideale femminile del tempo: un perfetto connubio di eleganza, sensualità e inquietudine.

Mostra a cura di

Sarah Lees

Organizzata da 
Ferrara Arte e Sterling and Francine Clark Art Institute di Williamstown in collaborazione con le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea-Museo Giovanni Boldini

Enti promotori

Comune di Ferrara

Provincia di Ferrara

Con il patrocinio di

Regione Emilia-Romagna

Con il sostegno di

Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Ferrara

 

Numero visitatori: 95.805

Elenco opere

Comunicato stampa

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Catalogo

Boldini nella Parigi degli Impressionisti