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Shakespeare nell'arte

Ferrara, Palazzo dei Diamanti

16 febbraio – 15 giugno 2003

LA MOSTRA

Ferrara Arte e la Dulwich Picture Gallery presentano una mostra dedicata a Shakespeare nell’arte. Si tratta della prima esposizione mai allestita in Italia sul tema e la prima in Inghilterra da circa trent’anni.

Fin dalla fine del Seicento Shakespeare è stato rappresentato in teatro più di qualsiasi altro drammaturgo. Ogni generazione ha reinterpretato i suoi lavori in base alla propria cultura ma facendone spesso manifesti delle proprie scelte politiche e sociali. Questa mostra presenta una selezione di ottantuno dipinti e disegni ispirati dall’opera di Shakespeare fra Settecento e Ottocento, quando maggiore è stata la prossimità tra arti visive e teatro e veloci gli avvicendamenti del gusto, tali da testimoniare un’avvincente varietà di letture.

In seguito al giubileo shakespeariano celebrato da David Garrick nel 1769 e alla creazione della Shakespeare Gallery di Boydell e di quella di Woodmason, tra il 1789 e il 1793, Shakespeare fu elevato al rango di poeta nazionale inglese e cominciò a ispirare i pittori di ogni tendenza: dagli esponenti del “sublime”, ai neoclassici, ai romantici. Nello stesso tempo molti artisti si trovarono a operare nel teatro come scenografi o come attori dilettanti; le produzioni teatrali offrirono lo spunto per un nuovo genere di conversation piece, i ritratti degli attori divennero il “pezzo forte” di molte esposizioni e gli scenografi affinarono progressivamente la propria arte guardando alla coeva pittura di paesaggio. Il culto di Shakespeare e la devozione che gli dimostrarono grandi artisti, scrittori e compositori come William Blake, Walter Scott, John Soane, Hector Berlioz, Victor Hugo e Giuseppe Verdi, imposero il grande drammaturgo all’attenzione dei pittori ottocenteschi inglesi ed europei, i quali si ispirarono anche alle nuove interpretazioni dei suoi lavori.

Sezione I. Sala 1. I primi illustratori di Shakespeare

La popolarità delle opere teatrali di Shakespeare e la conseguente pubblicazione dei suoi lavori in edizioni illustrate, la prima volta nel 1709 e in seguito nel 1740-44, diedero origine a una pittura d’ispirazione shakespeariana.

All’inizio i pittori intendevano di massima documentare singole rappresentazioni, nello spirito della ritrattistica realistica del tempo: Falstaff recluta le proprie truppe dipinto da William Hogarth nel 1730, raffigura una scena del terzo atto dell’Enrico IV, parte II presentato al Drury Lane di Londra nel 1728. La scena ritrae Falstaff mentre passa in rassegna alcuni concittadini per farne dei soldati. Il dipinto può anche essere letto in chiave satirica: la figura del corrotto comandante, che accetta del denaro da coloro che non vogliono essere arruolati, alluderebbe al primo ministro del re, Sir Robert Walpole, accusato da molti di essersi arricchito indebitamente trascurando l’esercito inglese.

I primi dipinti con soggetto teatrale di Francis Hayman risalgono al 1741-42 e sono contemporanei alle sue illustrazioni per l’edizione shakespeariana di Sir Thomas Hanmer. Agli stessi anni risale La scena della lotta dal primo atto del Come vi piace bozzetto finito che fu probabilmente presentato da Hayman al proprietario dei Vauxhall Gardens, come prova per ottenere l’incarico della decorazione dei padiglioni di questo popolare giardino di ricreazione pubblica. Nonostante le pose teatrali dei personaggi, la fonte di ispirazione di Macbeth, Banquo e le streghe di Francesco Zuccarelli, che illustra il momento in cui Macbeth incontra per la prima volta le streghe, è da ricercare più nel testo shakespeariano che in una reale messinscena, mentre lo splendido paesaggio, in cui si dispiega tutta la bravura dell’artista, è ricco di citazioni da Gaspard Dughet e Richard Wilson.

Sezione II. Sala 2 e 3. Shakespeare e i pittori del Sublime

Durante la seconda metà del Settecento, Shakespeare fu interpretato in maniera del tutto nuova dai pittori preromantici, seguaci dell’estetica del sublime. A partire dagli anni Sessanta del secolo, George Romney, James Barry, Heinrich Füssli o John Runciman, ponendosi in netto contrasto con l’imperante stile accademico – rappresentato in sala 2 dalla levigata e classicheggiante composizione del Timone d’Atene di Nathaniel Dance-Holland -, dipinsero basandosi su una lettura più partecipata e passionale delle sue tragedie e dei suoi drammi, intimamente influenzata dalla loro accesa immaginazione. Con queste opere gli artisti, lungi dal ricercare una resa naturalistica dei soggetti, si prefissero il compito di indagare ciò che ai sensi era oscuro e indefinito. In Re Lear piange la morte di Cordelia Barry ci consegna la «somma di tutti gli attributi della vecchiaia e della disperazione» e Füssli, infiammato dalla lettura di Shakespeare, illustra in vario modo le dimensioni immaginifiche dei suoi drammi: quella eroica ne La disputa di Hotspur, Glendower, Mortimer e Worcester, quella onirica nell’angelica Visione della regina Caterina, ritratta circondata da bellissime figure eteree nel momento culminante del suo sogno premonitore, e infine quella terrificante ne Le tre streghe, con le figure che emergono minacciosamente dall’oscurità. Tutta la potenza evocativa delle opere shakespeariane trapela anche dalle suggestive interpretazioni su carta che compongono la sala 3, alcune di queste scaturite dall’estro visionario di William Blake, come ad esempio Riccardo III e gli spettri o la più lirica e bellissima Quale angelo caduto dalle nubi.

Sezione III. Sala 4, 5, 7, 8. La pittura di soggetto teatrale

Dopo che Carlo II ebbe ripreso il trono nel 1660, l’Inghilterra riaprì i suoi teatri che erano rimasti chiusi dal 1642. Da quel momento, le opere di Shakespeare vennero rappresentate con regolarità, ma spesso in versioni radicalmente riviste e corrette che, soprattutto in epoca romantica, destarono la disapprovazione dei puristi i quali si dolevano dei compromessi imposti dalla messinscena teatrale.

La presenza sui palcoscenici londinesi, a partire dai suoi esordi negli anni Quaranta del Settecento, dell’attore, allestitore scenico e adattatore di testi shakespeariani David Garrick contribuì grandemente a consolidare il culto del poeta in Inghilterra. Garrick fu anche un importante sostenitore della pittura di soggetto teatrale, strumento attraverso cui, oltre a divulgare il teatro di Shakespeare, mirava a promuovere anche se stesso. Ciò è documentato in mostra dai molti dipinti che lo immortalano nel pieno dell’azione scenica: Dance-Holland lo ritrae nella posa eroica del personaggio che lo rese famoso, il Riccardo III, Wilson in un suggestivo notturno nelle vesti di Romeo nel suo riadattamento della tragedia, Zoffany affianco a Hannah Pritchard nella scena del Macbeth per cui la coppia di attori era celebre in tutta Londra. Tra gli altri ritratti di attori presenti in sala 4 meritano attenzione il van Bleeck, Mrs Cibber nel ruolo di Cordelia, che raffigura una passo del fortunato riadattamento del Re Lear ad opera di Nahum Tate e il dipinto Charles Macklin nel ruolo di Shylock di Zoffany che suggerisce mirabilmente la nuova e più fedele interpretazione che Macklin aveva dato del personaggio di Shylock.

Il graduale ritorno ai testi originari di Shakespeare, il mutare degli stili di recitazione, l’evoluzione della costumistica – con il passaggio dalle vesti contemporanee (settecentesche) al costume storicamente “corretto” o “autentico” – e le trasformazioni stilistiche nel campo della scenografia e dell’illuminazione sono illustrati dai dipinti della sala 5, tra cui spicca il fantasmatico Macbeth e Lady Macbeth di Füssli, e quelli delle sale 7 e 8 che documentano gli allestimenti scenici di varie importanti produzioni shakespeariane.

Sezione IV. Sala 6. Le Shakespeare Galleries di John Boydell e James Woodmason

Per capire quanto la fama del drammaturgo inglese fosse consolidata nell’Inghilterra della fine del Settecento basterà guardare ad una delle più grandi imprese editoriali e promozionali del tempo, quella delle gallerie shakespeariane di Boydell e Woodmason. La galleria di John Boydell, inaugurata a Londra nel 1789, e la analoga impresa irlandese di Woodmason aperta nel 1793, ospitavano tele di grandissimo formato commissionate ai maggiori artisti del tempo con lo scopo di essere successivamente incise in estese tirature: alcune di queste opere, che hanno concorso alla diffusione della fortuna shakespeariana anche tra il grande pubblico, sono le protagoniste di questa sezione della rassegna. Accanto ad una delle più fantastiche e affascinanti opere di Füssli, Titania abbraccia Bottom, tratta dal Sogno di una notte di mezza estate, spicca il quadro dall’atmosfera pastorale Jacques e il cervo ferito nella foresta di Arden realizzato da Hodges, Romney e Gilpin e, per contrasto, l’impressionante notturno di Wright of Derby La scena del sepolcro: Giulietta con Romeo morto, che raffigura i due giovani innamorati nel drammatico epilogo del Romeo e Giulietta. Questo straordinario dipinto, dalla composizione ardita e dallo studiato luminismo, frutto degli accurati studi sulla luce artificiale che il pittore conduceva da anni, fu l’unico che venne rifiutato all’artista da Boydell, proprio in virtù della troppo drammatica oscurità della scena.

Sezione V. Sala 9. Shakespeare nella pittura del romanticismo europeo

Le differenze di gusto e sensibilità, nonché la mancanza di traduzioni adeguate per tutto il Sei e Settecento ritardano la diffusione dell’opera shakespeariana oltre manica. Il successo arrivò, come già era accaduto a Londra con Garrick, con un grande attore, François-Joseph Talma (di cui è presente un ritratto di Anthelme-François Lagrenée in sala 5) che portò sulle scene un Amleto malinconico e introverso che affascinò i pittori romantici.

Ma non fu questa la fonte d’ispirazione di Amleto scorge lo spettro del padre di Delacroix; l’opera infatti venne probabilmente dipinta dall’artista al ritorno da un soggiorno a Londra dove aveva assistito alla versione integrale della tragedia, traendone ispirazione per l’atmosfera sospesa e silenziosamente vibrante del quadro. La morte di Ofelia è invece uno dei soggetti preferiti dal grande maestro francese, che lo dipinse ben tre volte, di cui il dipinto dal ricco e dispiegato cromatismo esposto in mostra costituisce la terza.

Sulla scia della popolarità dell’Amleto altre opere di Shakespeare cominciarono a godere di una fortuna sempre crescente e a stimolare la fantasia degli artisti continentali. Théodore Chassériau, ad esempio, si appassionò all’Otello e al Macbeth. In Macbeth ha l’apparizione degli spettri dei re, l’artista, pur conservando la sua caratteristica monumentalità compositiva, dimostra nell’intensità con cui visualizza sulla tela i fantasmi della propria immaginazione una acquisita maturità, conquistata dal confronto con Delacroix. Il cromatismo acceso e il linguaggio assai espressivo di questi due pittori viene ripreso da un altro artista francese, Gustave Moreau: il suo Amleto e Laerte nella fossa d’Ofelia è affine nel tono all’Amleto interpretato dall’attore Philippe Rouvière, che venne descritto da Baudelaire come “aspro, infelice e violento, inquieto fino alla turbolenza”.

Il romanticismo inglese è rappresentato dalle opere di John Martin e William Turner. Macbeth, Banquo e le tre streghe di Martin rispecchia il gusto del pittore per il sublime, qui espresso nello scabro paesaggio desolato in cui le piccole figure, sormontate da un drammatico cielo in tempesta, sembrano quasi naufragare. La meravigliosa, calda armonia cromatica di La grotta della regina Mab di Turner – che si ispira alla descrizione della fata dei sogni che Mercuzio fa a Romeo nel primo atto della tragedia – costituisce invece una delle più affascinanti trasposizioni in pittura del mondo fantastico creato dal genio di Shakespeare.

Romeo e Giulietta è la fonte d’ispirazione di altre due tele presenti in questa sala: la prima, di Francesco Hayez, è la più nota delle quattro repliche de L’ultimo addio di Giulietta e Romeo. Il dipinto si caratterizza per la puntualità della ricostruzione storica e la flagrante attualità del sentimento, forse dovuta anche alla relazione amorosa del pittore con la modella. Assai differente è l’ispirazione che muove Feuerbach nel suo Romeo e Giulietta dove, rifuggendo la drammatica e realistica passionalità di Hayez, l’artista tedesco compone una scena all’insegna della purezza e della spiritualità.

Sezione VI. Sala 10. Il culto di Shakespeare

Dopo le celebrazioni del giubileo shakespeariano, voluto da Garrick, nel 1769, a Stratford, città natale del poeta, e la costruzione di un monumento a lui dedicato nell’abbazia di Westminster, Shakespeare venne ufficialmente eletto genio della nazione inglese. Le sue reliquie iniziarono ad essere oggetto di venerazione e si rese necessario creare, a partire dai pochi indizi riguardanti la sua biografia, una storia e un’immagine per alimentarne il culto. In questa sezione della mostra sono esposti alcuni dei ritratti ideali del poeta, tra i quali quelli di Angelica Kauffmann e William Blake, che mirano a restituire il volto e, a un tempo, l’animo del drammaturgo. Il pellegrinaggio a Stratford è invece rappresentato dall’intenso brano pittorico intitolato Sir Walter Scott che contempla la tomba di Shakespaeare che ricorda anche l’importanza del grande letterato nel processo di ricostruzione della vita di Shakespeare in arte e in letteratura.

Sezione VII. Sala 11 e 12. Shakespeare e l’arte vittoriana

L’introduzione in teatro delle lampade a gas, che permettevano affascinanti e più elaborati effetti di luce, contribuì a far amare sempre più alcuni dei soggetti shakespeariani, in particolare quelli di natura fiabesca, come Sogno di una notte di mezza estate e La tempesta. Le due sale che concludono il percorso espositivo sono dedicate ad illustrare questo importante momento della ricezione di Shakespeare nella pittura inglese. L’enorme popolarità acquisita dal drammaturgo nell’immaginario vittoriano, così incline ai soggetti favolistici perché propri della tradizione celtica, è documentata da dipinti in cui il mondo fatato di Shakespeare prende meravigliosamente forma: nel leggiadro Puck fugge prima dell’alba di David Scott, come anche nelle opere di Robert Huskisson, Joseph Paton e Daniel Maclise, dove notturni abitati da elfi riuniti intorno a fuochi e silenziosi incontri di fate al chiaro di luna si materializzano agli occhi degli spettatori quasi magicamente. L’intensità della rivisitazione condotta dai pittori della cerchia preraffaellita dimostra e conferma il perpetuarsi del mito e l’inesauribilità del fascino di cui godeva l’opera di Shakespeare presso il pubblico britannico. Il minuzioso realismo e la mistica atmosfera inneggiante ad una antico e più puro tempo perduto trova eco nella grande tela di Hunt Valentino libera Silvia da Proteo, mentre in Ferdinando attirato da Ariel di Millais, la trattazione iperrealistica delle forme e la pungente purezza dei toni cromatici amplificano audacemente fisicità fantastica di un soggetto in cui anche la più piccola forma vegetale palpita magicamente di vita.

Mostra a cura di

Jane Martineau e Maria Grazia Messina

Organizzata da 

Ferrara Arte e Dulwich Picture Gallery di Londra

Ente promotore

Comune di Ferrara

Tappa successiva

Londra, Dulwich Picture Gallery, 16 luglio – 19 ottobre 2003

 

Elenco opere

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